10.24.2006

Effemeridi. I martiri del giornalismo

Ogni anno in tutto il mondo decine e decine di giornalisti sono assassinati, subiscono attentati e vivono rischiando quotidianamente la vita, così come avviene per molti giudici o inquirenti. Sono i cosiddetti giornalisti d'inchiesta: coloro che approfondiscono lati oscuri o sconosciuti della vita quotidiana.La loro morte ne fa degli eroi. Su questi eroi, gli ordini professionali, i mass-media, i colleghi del mondo dell'informazione se ne fanno scudo per dimostrare la loro deontologia professionale e pulizia morale. Se decine di colleghi cadono sotto i colpi della lupara o della scimitarra vuol dire che la categoria è sana, non inquina l'informazione e non si vende al potere politico, economico o terrorista.Ma, guarda caso, il più delle volte i caduti sul campo sono - statisticamente - i meno pagati o protetti sindacalmente, oppure ad un livello gerarchico inferiore rispetto ai colleghi che li esaltano, post mortem.Ma, senza giungere al caso estremo dell'attentato, i giornalisti che vogliono raccontare cosa hanno visto e come loro interpretano quei fatti trovano diffidenze, chiusure, vessazioni proprio nell'ambiente in cui lavorano. Gli altri, quelli che prima di pubblicare qualcosa chiedono il parere al politico o al capo di riferimento, hanno la carriera facilitata e sono gli incensati dai mass-media, cioè da quelli che sono sul loro stesso piano di comportamenti. Un proverbio dice: cane non mangia cane.Il vero giornalista d'inchiesta è scomodo. I primi a rendergli difficile la vita sono le istituzioni, non lo proteggono in vita e ostacolano l'accertamento della verità dopo. Se scopre qualcosa è il primo ad essere indagato: deve rivelare le fonti della notizia, col rischio di compromettere la vita del confidente.Se vuole andare su un campo di battaglia a vedere con i suoi occhi, deve chiedere il permesso allo stato maggiore dei belligeranti, mettersi sotto la loro protezione e diramare le veline del loro ufficio stampa. L'alternativa è correre il rischio della vita: o l'errore di un proiettile amico o degli altri.Se poi, come Ilaria Alpi, ci si avvicina ad un traffico internazionale d'armi gestito da organismi protetti o finanziati dallo Stato e guidati da ideologi politici, sull'omicidio scende il velo pietoso dell'omertà e dell'insabbiamento.Qualcuno ha detto che la libertà ha un prezzo, ma anche la dignità.

tratto da dEMODOSSALOGIA & oPINIONE pUBBLICA
di Giulio D'Orazio

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