8.31.2005

«Siamo tutti meticci. Che ci piaccia o no»

«Non sono abituato a pensare in termini di assedio, di tutela, di salvaguardia e - tra le righe - di paura: mi viene più naturale il linguaggio evangelico dell’accoglienza, dell’incontro, dello scambio, della speranza», dice Don Luigi Ciotti, fondatore del gruppo Abele e presidente dell’associazione Libera.

Il Presidente del Senato Pera è stato durissimo contro il multiculturalismo...
«C’è chi pensa all’altro come a una minaccia ai propri principi, alla propia cultura, alla propria identità e fede; e chi invece pensa all’altro - qualunque altro - come a una risorsa, una ricchezza, un aiuto e una opportunità per vivere. È uno “scontro” vecchio come il mondo. È evidente che il linguaggio che usa il presidente Pera attinge alla filosofia per utilizzarla in termini di difesa della propria identità. Niente di nuovo: da sempre uno dei possibili compiti della filosofia è la difesa dello status quo. Ma c’è anche chi per fortuna usa la filosofia per spiegare e interpretare come costruire cambiamento, giustizia, equità, rinnovamento senza rimanere schiavi della paura o legati alla violenza».

È davvero necessario difendersi?
«Il linguaggio del Vangelo (e del buon senso civile) ha un altro orizzonte, un altro codicee sopratutto il rifiuto della difesa come primo passo. Il rispetto delle regole è doveroso, ma vale per tutti: dobbiamo respingere estremismo e violenza da qualsiasi parte provengano. Non ho timore a sostenere che siamo in presenza di un autentico contrasto tra un “vecchio” che si vuol difendere a ogni costo e un “nuovo” che non rinnega il suo passato ma lo rigenera e lo rifonda».

E i valori dell’Europa?
«Se c’è una parola che caratterizza l’Europa è proprio contaminazione, tra popoli e culture diverse. Per dirla con un solo termine: siamo tutti meticci, che ci piaccia o no. La festa giovanile dei credenti con il Papa a Colonia ha avuto come uno dei punti di riferimento i magi dell’Oriente: questa è la buona notizia del Vangelo: popoli e culture diverse possono e devono incontrarsi: solo questo scambio genera speranza. A forza di discutere sulle matrici dell’Europa abbiamo dimenticato di evidenziare che la culla della civiltà europea sta in un racconto di liberazione, di un libro che contiene 72 libri, che ha permesso per millenni ai popoli di incontrarsi e che ha generato le tre grandi religioni monoteiste. Un libro che anzichè invitare a difenderci ci permette di incontrarci».

Quale è la strada da seguire ?
«Quale è la vera posta in gioco perchè questo incontro tra popoli si apra al nuovo e non al conflitto, alla violenza, alla paura? La risposta è nel tema della giustizia, della legalità, dei diritti: creiamo le condizioni per tutti ...Per disarmare violenza e terrorismo, cosa doverosa, necessaria, indispensabile, ci è chiesto di ricostruire equilibri di giustizia e non di forza».

Articolo tratto da l'Unità del 23.08.2005

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