NORD ITALIA: UNA ‘BOMBAY’ SU QUATTRO RUOTE”
Piattaforma del WWF Italia
per una politica dei trasporti ragionevole nel Nord Italia
COME GOVERNARE LA MOBILITA’
CONSEGUENDO GLI OBIETTIVI DI KYOTO
10 SCELTE DI FONDO E 20 AZIONI CONCRETE PER I GOVERNATORI DEL NORD
· La megalopoli padana del Nord Italia
Bisogna dare respiro all’azione istituzionale, con interventi strutturali, che contrastino la saturazione del territorio e l’asfissia provocata dalla città diffusa, dalla grande megalopoli padana che sta progressivamente esportando il proprio modello in aree sempre più vaste e incontaminate dell’Italia settentrionale.
Nel 2006 il WWF Italia lanciava la Carta d’intenti “Dieci passi per conseguire gli obiettivi di Kyoto nei trasporti italiani”, ricordando che il sistema dei trasporti, che negli ultimi 15 anni ha visto aumentare le sue emissioni in Italia del 25% circa (contro la riduzione del 6,5% richiesta dal Protocollo) e richiamava l’attenzione dell’opinione pubbliche sulle scelte istituzionali e pianificatorie sbagliate nei settori dei trasporti e delle infrastrutture che stavano strangolando in particolare il Nord Italia.
Le politiche di riduzione delle emissioni climalteranti rappresentano un passaggio obbligato ed un’opportunità di riforma della mobilità nel Nord Italia.
L’obbligo sottoscritto a livello nazionale di riduzione del 6,5% al 2008-2012 ed il successivo target di riduzione del 20-30% al 2020 già anticipato dalla Commissione Europea nel gennaio di quest’anno non sono compatibili con gli attuali livelli di emissione del settore trasporti. E’ inevitabile, anche in relazione alle stime d’impatto economico in termini di riduzione del PIL derivante dai cambiamenti climatici recentemente oggetto del rapporto Stern del Governo inglese
Data la necessità, l’inevitabilità e l’urgenza di un ruolo delle regioni negli obiettivi di riduzione delle emissioni di CO2 (ruolo che probabilmente sarà individuato già nella prossima delibera CIPE di revisione della politica nazionale per il clima) è auspicabile elaborare strumenti (Allegato n. 1) che, a fronte delle risorse impiegate, perseguano molteplici obiettivi.
Infatti, le emissioni di CO2 – il principale gas serra - dovute al traffico autostradale ammontano a 66 milioni di tonnellate l’anno con un incremento nel 2000, rispetto al 1980, del 71%.
Nello stesso periodo il tasso medio di motorizzazione nell’Italia settentrionale è cresciuto di oltre il 50% (passando da 380 a 585 autovetture ogni 1000 abitanti), mentre nello stesso periodo i passeggeri sulla ferrovia aumentavano solo del 13%.
Questo fenomeno è stato favorito da scelte istituzionali in materia di infrastrutture che hanno continuato a favorire (al di là dei luoghi comuni che denunciavano un presunto impasse) la rete stradale: tra il 1981 e il 1999 la rete di strade e autostrade del Nord Italia ha avuto un incremento del 25% Passando da 140 mila km a 175 mila). Questo mentre lo sviluppo della rete ferroviaria veniva ridotto, per il taglio dei rami secchi del 2%.
Ciò si è tradotto oltre che in un maggior inquinamento anche in un preoccupante incremento dell’incidentalità sulla strada: tra il 1980 e il 1999 nel Nord Italia sono stati registrati 1,8 milioni di incidenti stradali in cui sono state coinvolte 2,3 milioni di persone (equivalenti a circa il 10% della popolazione residente nel settentrione).
Il problema è che gli autoveicoli privati sono serviti per coprire distanze medie sempre più lunghe: nell’arco di 20 anni ogni singolo residente nel Nord Italia ha quasi raddoppiato la lunghezza dei km percorsi in un anno (passando dagli 8.500 km del 1980 ai 16.000 del 2000) e la lunghezza media degli spostamenti quotidiani è anch’essa raddoppiata passando, nello stesso periodo, da 10 a 20 km a testa.
Le scelte istituzionali e pianificatorie sbagliate hanno così consentito la nascita di una grande megalopoli padana, costituita da sistemi urbani regionali, da una città diffusa in cui si concentra il 78% della popolazione del Nord Italia (quasi 20 milioni di abitanti, sui 25,3 milioni complessivi) su circa ¼ della superficie (circa 30.000 kmq), con una densità media di 650 ab/km ed include: il Piemonte centrale intorno a Torino, l’area metropolitana milanese e il Pedemonte lombardo, l’area veronese e il fondovalle dell’Adige tra Trento e Bolzano, l’area centrale veneta (intorno a Vicenza, Padova, Venezia-Mestre e Treviso) l’area triestina e udinese, l’intero asse della via Emilia da Piacenza a Rimini, il litorale ligure.
Nel 1951 i 21 milioni di abitanti del Nord Italia vivevano ancora in prevalenza all’esterno delle aree urbane, mentre gli attuali 25,3 milioni di abitanti si sono sempre più concentrati in aree urbane e sub-urbane, alimentando la città diffusa sino alle zone pedemontane, consumando e devastando i paesaggio e il territorio
Oggi nel Settentrione è possibile distinguere (come ricordato nel dossier “Metropoli tranquille: una politica dei trasporti ragionevole per il Nord Italia” elaborato da Polinomia per il WWF Italia): un insieme di ambiti urbani in senso stretto, estesi su meno di 4.000 kmq (3% della superficie totale), con 8,8 milioni di abitanti (contro i 6,2 del 1951); un sempre più esteso ambito suburbano, che occupa circa 26.000 kmq (22% della superficie totale), contando 10,9 milioni di abitanti (contro i 7,8 del 1951); un ambito extraurbano, che occupa il restante 75% della superficie territoriale, per 86.000 kmq, contando 5,6 milioni di abitanti (contro i 6,9 del 1951).
· Il buon governo della mobilità
Il WWF Italia chiede alle Regioni e al Governo nazionale di invertire decisamente la tendenza che ha visto l’automobile condizionare il futuro dello sviluppo anche territoriale ed urbanistico del Nord Italia, costituendo un attentato alla qualità della vita e alla salute umane e alla conservazione della biodiversità.
In questo senso non sono state certamente segno di un’inversione di tendenza sostanziale le scelte perseguite dalle Regioni con le Intese Generali Quadro sulle infrastrutture strategiche, che hanno visto il 49% degli investimenti concentrati su strade e autostrade e solo il 37% sulle ferrovie, di cui oltre il 70% sull’AV (che notoriamente non serve il traffico a corto raggio, pari oltre l’80% dell’utenza ferroviaria). Ed oggi sulle infrastrutture prioritarie (Allegato n. 2).
Bisogna chiarire inoltre che anche l’incentivazione agli Euro 4 non rappresenta uno strumento efficace dal momento che non persegue obiettivi di riduzione del CO2.
In occasione della giornata di blocco del traffico attuato il 25 febbraio 2007 dalle Regioni del Nord Italia, sulla base di un’iniziativa istituzionale e normativa della Regione Lombardia - peraltro di un certo interesse per lo sforzo di coordinamento tentato tra le varie politiche e misure (Allegato n. 3) -, il WWF Italia crede però che non si può intaccare il dominio dell’automobile, favorito da scelte pianificatorie e infrastrutturali nel settore dei trasporti e della mobilità inadeguate e sbagliate, intervenendo solo con misure anche drastiche finalizzate semplicemente a “regolare il traffico”
Ai presidenti delle giunte regionali il WWF Italia chiede di adottare un
Decalogo
che contiene alcune scelte di fondo
per decongestionare la città diffusa e frenare l’espansione incontrollata della megalopoli padana:
1) dare preminenza alla pianificazione territoriale (correttamente intesa), i cui scopi sono quelli di coordinare ed orientare l’intervento di più soggetti pubblici (ad esempio localizzando i grandi attrattori di traffico presso i principali nodi intermodali) nella gestione delle sempre più scarse risorse ambientali, in un territorio spesso già densamente infrastrutturato, abbandonando la logica a comparti stagni della pianificazione di settore;
2) contribuire a riorganizzare radicalmente la rete del trasporto pubblico passeggeri (locale e non), mirando alla costruzione di un sistema integrato, basato su una robusta armatura di servizi ferroviari regionali e di media percorrenza, affiancata da una capillare rete di servizi automobilistici suburbani a servizio della “città diffusa”, da servizi di medio-lunga percorrenza velocizzati e resi più efficienti, da una rete equilibrata di servizi aerei correttamente tariffati, anche in connessione con modalità più intelligenti di uso degli autoveicoli (car sharing, car pooling);
3) ripensare l’assetto dei servizi logistici, favorendo lo sviluppo di soluzioni innovative ed integrate, anche a servizio della distribuzione urbana delle merci;
4) contribuire a potenziare i nodi di interscambio (porti/stazioni/aeroporti/terminal intermodali), che spesso costituiscono i veri “colli di bottiglia” del sistema, tanto più in un’ottica di potenziamento dell’intermodalità;
5) favorire l’ingresso di logiche più avanzate anche nel trasporto passeggeri, per esempio favorendo lo sviluppo di soggetti capaci di vendere spostamenti integrando più modi di trasporto;
6) rafforzare le attuali tendenze all’innovazione logistica, con sviluppo di soggetti multimodali in grado di vendere “accesso ai servizi” e non “chilometri percorsi”;
7) chiedere un potenziamento della rete ferroviaria, coerente con il quadro di integrazione dei servizi di trasporto passeggeri e merci; l’attenzione va focalizzata sulla capacità dei grandi nodi metropolitani e sugli itinerari dei principali servizi merci; in questo senso occorre anche una pausa di riflessione sulle nuove linee AV, in modo da avviare i necessari approfondimenti sulle modalità di accesso e d’uso di questa rete, in un’ottica di alta capacità ferroviaria;
8) intervenire sulla rete stradale in primo luogo sulla gestione delle reti esistenti, estendendo politiche di regolazione adeguate (park e road pricing), ma anche incentivando la penetrazione delle tecnologie ITS (Intelligent Transport System). E’ auspicabile a questo fine l’introduzione di strumenti innovativi di regolazione della mobilità basati principio del “chi inquina paga” quali l’introduzione della congestion charge (ticket d’ingresso nelle città, tariffe autostradali differenziate per fascia oraria o tipologia d’autovettura). In secondo luogo occorre realizzando le “strade che servono”, procedendo ad interventi mirati, volti a garantire la necessaria capacità agli spostamenti dispersi di media e breve percorrenza, senza incentivare l’uso del mezzo privato sulle lunghe distanze,
9) chiedere al Governo nazionale che venga ripreso il Programma Nazionale Strategico Veicoli, già contenuto nel Piano Generale dei Trasporti e della Logistica del 2001, ed il suo ulteriore affinamento a favore dell’introduzione dei motori a metano e di quelli ibridi (sperimentando anche formule innovative, finalizzate ad incentivare la modularità dei componenti veicolari e dunque la possibilità di sostituzione parziale di quelli obsoleti);
10) chiedere al Governo nazionale di orientare le tecnologie attuali verso gli usi più efficienti, contrastando in particolare le attuali tendenze all’aumento delle cilindrate, e favorendo l’introduzione di veicoli più piccoli e leggeri, adatti all’uso metropolitano ed individuale, oggi prevalente.
Esistono, inoltre, problematiche specifiche riguardanti i costi esterni (impatto ambientale e sulla salute) del trasporto delle merci e del traffico turistico trans-alpino e intra-alpino, che riguardano l’ecoregione delle Alpi, individuata come area sensibile da tutelare e valorizzare dalla Convenzione delle Alpi, che le Regioni hanno cominciato ad affrontare, insieme agli altri enti pubblici, ma che necessitano di una concertazione tra i vari livelli amministrativi (nazionale, regionale e locale) che serva a governare la domanda di mobilità, invertendo le tendenze attuali dello squilibrio modale.
Per quanto riguarda il traffico merci, bisogna rilevare (come diffusamente ricordato nel dossier “Il traffico alpino tra globalizzazione e sostenibilità”, elaborato da Polinomia per il WWF Italia) che il traffico merci transalpino tra il 1984 e il 2004 è più che raddoppiato, passando da circa 70 a 165 milioni di tonnellate l’anno (ogni 5 anni si registrano 25-30 milioni di t in più), con un tasso di crescita medio annuo del 4,3%.
Se si esamina la ripartizione del traffico transalpino tra strada e ferrovia, è immediato osservare che c’è una notevole differenza tra i tassi di crescita tra i due “modi”: mentre la strada è cresciuta del 300% (passando dai 38,5 milioni di t/a ai 119, 0 del 2004) con un tasso medio del 6% l’anno; la ferrovia ha avuto nello stesso periodo un incremento pari al 39% (erano 34,9 le t/a trasportate nel 1984 e nel 2004 sono 48,7),con un tasso medio di crescita dell’1,7%.
Diventa quindi d’attualità, anche grazie all’introduzione di norme nella Legge Finanziaria 2007 in attuazione della Direttiva comunitaria eurovignette, lo strumento. mai seriamente analizzato in Italia, della tassazione dei transiti, quale “calmiere” della domanda, come strumento gestionale attivabile anche in relazione ai vincoli di capacità esistenti ai diversi valichi (in particolare alle gallerie del Frejus, del Monte Bianco e del Gottardo). In questo senso l’Italia, vista la rilevanza del suo ruolo geo-politico nelle Alpi, dovrebbe avere la capacità di proporre agli altri Stati confinanti un dispositivo graduale di tassazione dei transiti alpini da modulare a seconda delle direttrici e delle regolazioni esistenti negli altri Paesi.
Per quanto riguarda il traffico turistico, bisogna rilevare (come diffusamente ricordato nel dossier “Vette In/accessibili: il turismo alpino nell’era della motorizzazione di massa”, elaborato da Polinomia per il WWF Italia) che con almeno 60 milioni di arrivi e 270 milioni di pernottamenti l’anno, le Alpi rappresentano una delle principali regioni turistiche non solo d’Europa ma di tutto il mondo.
Il problema peculiare dell’Italia è che, al contrario dei Paesi confinanti (i francesi hanno puntato su strutture alberghiere e para-alberghiere; gli Svizzeri sui grandi alberghi; gli austriaci e i tedeschi su una struttura ricettiva di medio-piccola dimensioni - ad esempio incentivando l’affitto di camere -; gli sloveni su un modello diffuso) si è puntato quasi ovunque allo sviluppo delle stazioni turistiche, tramite la realizzazione di seconde case, grazie a capitali esogeni: è il caso delle principali stazioni di Limone Piemonte, Sestriere, Bardonecchia, Courmayeur, Cervinia, Bormio, Madonna di Campiglio, Cortina d’Ampezzo.
E’ così che l’Italia che presenta la maggiore movimentazione turistica complessiva con 275 milioni di presenze (pari al 42% del totale) presenta ben il 71% delle presenze in abitazioni secondarie, mentre la Francia ha il 61% in abitazioni secondarie, la Svizzera il 56%, l’Austria il 21%, la Germania 0%, la Slovenia il 44%. E gli spostamenti degli italiani verso le località turistiche alpine avvengono per l’85% in automobile. Le maggiori concentrazioni di traffico turistico, in valore assoluto si registrano nelle Province di Trento e Bolzano, seguite da quelle di verona, Belluno, Toino, Brescia ed Aosta. Le maggiori densità di traffico nella Valle dell’Alto Adige (tra Verona e Bolzano), in Val Susa, nella Media e Bassa Valle d’Aosta, nel Lario orientale, in Val Seriana, Val Cavallina e in Val Canonica, in Valle Isarco, nel bacino dell’Avisio e nella valle del Piave tra Feltre e Belluno. I maggiori consumi energetici si registrano nella Provincia di Trento e di Bolzano e in quelle di Verona, Belluno e Torino. Le emissioni di CO2, che ammontano nel complesso nell’arco alpino in 226 mila di t/a, vedono prevalere la Valle dell’Adige (con 67 mila t/a in Provincia di Trento, 35 mila in quella di Bolzano e 19 mila in quella di Verona).
Il ché significa, osservando tutti questi dati e coniugando la scelta nell’offerta di strutture ricettive e i dati del traffico, che nel Nord Italia l’effetto città è stato riprodotto nelle nostre montagne, come d’altra parte risulta già evidente dai fenomeni analizzati più sopra. Il ché dovrebbe obbligare le amministrazioni pubbliche a concertare una serie di misure concrete che vanno: dalla limitazione del traffico automobilistico al pedaggiamento di specifici itinerari stradali; dallo sviluppo di schemi di accessibilità intermodali che favoriscano il trasporto collettivo all’estendibilità di servizi quali il car sharing e il car pooling.
· Proposte per conseguire l’obiettivo del Protocollo di Kyoto
Per conseguire l’obiettivo assegnato al nostro Paese per il rispetto del Protocollo di Kyoto della riduzione delle emissioni di gas serra del 6,5% rispetto ai valori del 1990, il WWF Italia ha calcolato che nel Nord Italia: invece di un aumento del traffico passeggeri su gomma, che dovrebbe raggiungere secondo le proiezioni il 90% del totale (oggi è all’87%) c’è bisogna di una sua diminuzione sostanziale, facendolo attestare attorno all’80%. Anche il trasporto delle merci su gomma invece di raggiungere il 76% (oggi nel Nord Italia è al 75%) dovrebbe diminuire attestandosi al 69%. Il traffico ferroviario per i passeggeri dovrebbe invece salire al 9% (invece del 6% attuale e del 5% tendenziale) e quello merci raggiungere il 13% (invece del 9% attuale e dell’8% tendenziale). La navigazione per le merci (invece dell’attuale 9% e dell’11% tendenziale) dovrebbe invece raggiungere nello scenario programmatico quota 13%.
Per il WWF Italia questa significa. rispetto alle diverse modalità di trasporto,
puntare nel Nord Italia su, almeno,
20 azioni concrete
considerate prioritarie:
Navigazione marittima
Non c’è bisogno di interventi proporzionali di adeguamento delle infrastrutture portuali, visti i consistenti margini di capacità che caratterizzano i diversi principali porti del Nord Italia (Savona-Vado, Genova-Voltri, Ravenna, Venezia e Trieste) che hanno visto in media complessivamente un aumento annuo di solo l’1.9% dei milioni di tonnellate di merce trattate.
Si deve sviluppare, invece, un efficiente trasporto marittimo a breve e medio raggio che richiede, come più volte ribadito dall’Unione Europea, una certa selezione e specializzazione dei porti. Nel contempo, al fine di evitare squilibri anche nell’instradamento via terra si deve perseguire un relativo equilibrio tra i sistemi portuali del Mar Ligure e dell’Alto Adriatico. E si chiede una forte regia pubblica per:
a) una migliore articolazione dei servizi di trasporto sul lato mare (rinfuse, container, traghetti, Ro-Ro) che sul lato terra (condotte, ferrovia, strada);
b) nella definizione delle priorità di intervento;
c) nel miglioramento delle prestazioni ambientali del settore della navigazione marittima.
Il trasporto ferroviario
Bisogna sviluppare le relazioni interurbane di media percorrenza molto penalizzate dall’offerta ferroviaria (si pensi soltanto a relazioni come Modena-Milano e Parma-Brescia) piuttosto che sulla domanda interurbana di lungo raggio.
Questo obiettivo si deve sposare con le logiche di sincronizzazione e cadenzamento del servizio: ad esempio, è assolutamente necessaria la formazione di una rete di servizi inter-city frequenti e veloci capaci di servire la maggior parte dei centri urbani medio-grandi (inclusi quelli oggi mal serviti come Bergamo, Reggio Emilia, Modena, Ravenna ecc.), attraverso coincidenze sistematiche nella grandi stazioni metropolitane (Torino, Milano, Verona, Padova-Venezia, Genova, Bologna). Inoltre, è necessario potenziare i servizi regionali che si dipartono dalle grandi stazioni metropolitane e costruire una robusta rete di servizi di rango intermedio (diretti o interregionali).
Per quanto riguarda il traffico merci, i deficit di capacità in parti consistenti della rete consente di sfruttare importanti riserve di capacità tra cui in particolare:
a) diverse linee di adduzione ai valichi alpini (Frejus, Sempione, Brennero, Tarvisio);
b) buona parte della rete del Piemonte orientale (tra Domodossola, Novara ed Alessandria) e della Lombardia occidentale (Pavia, Piacenza e Cremona);
c) la maggior parte dei collegamenti tra Emilia Romagna, Veneto e Friuli Venezia Giulia. In particolare vale la pena di osservare che le attuali riserve di capacità, esistenti sulle linee di adduzione ai valichi alpini consentirebbero di incrementare il traffico internazionale ferroviario di tre volte rispetto all’odierno.
Il trasporto pubblico locale
Bisogna ridimensionare l’intervento generalizzato con strutture pesanti quali quelle delle nuove linee metropolitane che sembrano capaci di attrarre livelli di domanda sufficienti soltanto su alcune direttrici interne alla città di Milano (essendo dubbio che ciò possa avvenire per città come Genova e Torino), mentre in città più piccole come Bologna, Brescia, o addirittura Modena e Monza questa scelta più che da esigenze tecnico-economiche sembrano dettate da fattori di “prestigio”.
Per la taglia media di gran parte delle città del Nord Italia la scelta migliore appare la tecnologia tranviaria, che è stata intrapresa (come in molti Paesi dell’Europea centrale e settentrionale) nei principali poli urbani del Nord-Est come Bologna, Padova, Verona e Venezia (Mestre), ma anche da aree metropolitane di dimensione più ridotta, quali Bergamo, Como e Udine. Inoltre, bisogna prevedere di potenziare e proteggere le sedi e le corsie per il trasporto su gomma.
Infine, bisogna rivedere profondamente l’organizzazione complessiva del servizio garantendo l’estensione delle coperture orarie ed in alcuni casi di quelle territoriali che servano la città diffusa. Mano a mano che si procede verso contesti di diffusione urbana e/o bacini di carattere marginale possono venire in aiuto i modelli organizzativi dei servizi a chiamata e/o del taxi collettivo.
Il trasporto stradale
Per il trasporto stradale si devono configurare una serie di interventi sia gestionali che infrastrutturali:
a) le politiche di gestione del traffico devono incentivare i comportamenti virtuosi che in particolare prevedano un’integrazione dei mezzi di trasporto individuale su gomma all’interno di catene intermodali opportunamente configurate;
b) nell’ambito dell’autotrasporto merci si deve avere una valorizzazione del ruolo delle grandi imprese intermodali e una razionalizzazione della struttura dei costi, che dovrebbe comportare una diminuzione delle voci fisse a fronte di un incremento anche sensibile di quelle variabili (in particolare i pedaggi autostradali);
c) bisogna intervenire sulla struttura dei costi variabili anche nel caso dei trasporti individuali in un contesto di internalizzazione delle esternalità;
d) segnali di costo, legati per esempio alla variazione dei prezzi a seconda dell’ingombro degli autoveicoli, dovrebbero essere applicati anche nel caso della sosta.
Si propone, poi, una diversa gestione della rete autostradale, basata sulla distinzione tra le tratte che mantengono un orientamento primario al supporto della mobilità di medio-lunga percorrenza e quelle che invece sono a sostegno di una mobilità di tipo metropolitano. In contesti dove la capacità stradale è destinata ad essere strutturalmente scarsa (poli di Torino, Milano-Varese-Como-Lecco-Bergano, Vicenza-Padova-Venezia-Treviso, Savona-Genova-Sestri-Levante e Modena-Bologna) si può far leva sulle tecniche di controllo telematico applicate in molti Paesi che consentono di superare il tradizionale dualismo tra autostrade “aperte” e “chiuse”.
La mobilità ciclopedonale
La mobilità ciclopedonale è strettamente connessa all’aumento delle condizioni di sicurezza delle strade urbane.
La civilizzazione dei comportamenti di guida urbani è importante anche sotto il profilo del riequilibrio modale che deve passare: attraverso la realizzazione di piste o percorsi separati e protetti, ma anche attraverso la protezione dei percorsi promiscui.
Di grande interesse è anche la costituzione di collegamenti suburbani e anche extraurbani, almeno ai limitatamente ai contesti densi della città diffusa, in particolare tenendo conto che la bicicletta nelle ridotte distanze medie può rappresentare un’alternativa all’uso dell’auto, come dimostrano le esperienze consolidate nei Paesi Bassi o in Danimarca.
Il trasporto aereo
Anche in questo caso si deve intervenire:
a) sull’innovazione tecnologica per ottenere sensibili miglioramenti delle performance ambientali delle aeromobili;
b) considerato l’elevato impatto della navigazione aerea bisogna orientarsi su modelli di esercizio orientati verso segmenti di domanda ad elevato rapporto tra mobilità servita e numero di movimenti effettuati (mirando alla mobilità a lungo raggio, oltre i 400-500 km con l’impiego di aeromobili di medio-grandi dimensioni);
c) considerata l’ampia capacità residua dei 6 principali aeroporti di livello regionale (Torino, Genova, Verona, Venezia, Trieste, Bologna) bisogna scoraggiare le numerose iniziative localistiche per la realizzazione di nuovi scali regionali:
d) bisogna garantire l’integrazione tra servizi aerei a lungo raggio e servizi ferroviari (od automobilistici) di breve e medio raggio a partire dall’aeroporto di Milano-Malpensa (per il suo ruolo essenziale di gateway per l’Italia settentrionale;
e) l’accessibilità ferroviaria deve essere potenziata anche sugli altri scali di livello regionale (con la realizzazione di nuove stazioni o al più brevi tratte per passanti in variante per servire gli aeroporti di Genova, Bergamo, Venezia, Trieste e Bologna);
f) devono essere cancellate le rotte aeree di breve e brevissimo raggio (come quelle dagli aeroporti del Nord Italia per Genova e Bologna).
Con riguardo a questo specifico settore si deve specificare, inoltre, che il WWF Italia:
a1) appoggia la proposta di direttiva europea sull’introduzione di un meccanismo di emission trading per l’aviazione, richiedendo tuttavia un’allocazione onerosa delle quote, ed un meccanismo separato dal sistema di emission trading industriale oggetto della direttiva 87/2003/CE;
a2) chiede l’abolizione dei privilegi fiscali concessi alla mobilità aerea, quali l’esenzione IVA per i biglietti aerei;
a3) chiede che venga promossa la penetrazione tecnologica di strumenti in grado di offrire lo stesso servizio della mobilità aerea, quali la videoconferenza, nei settori a maggiore domanda di trasporto: impresa, servizi, amministrazione pubblica.
Allegato n. 1
Il rispetto del Protocollo di Kyoto
e il ticket d’ingresso (congestion charges)
applicato a Londra
Le politiche di riduzione delle emissioni di CO2 concentrate nelle aree urbane a maggiore densità, attraverso l’introduzione di “congestion charges” (pedaggi da congestione), determinano un pari raggiungimento di obiettivi ambientali di riduzione delle emissioni inquinanti ad impatto locale (NOx, VOC, PM).
L’esperienza di Londra e l’introduzione di un ticket d’ingresso in città con un costo proporzionale al coefficiente d’emissione delle automobili costituisce:
- un efficace strumento di riduzione delle emissioni di CO2
- un definitivo strumento di abbattimento degli inquinanti locali nell’area metropolitana
- uno strumento economico in grado di dissuadere l’impiego del mezzo privato per il singolo favorendo l’uso collettivo
- uno strumento economico per indirizzare il consumatore all’acquisto di macchine a minore emissione di CO2 (nb non un generico incentivo all’acquisto di Euro4)
- uno strumento economico in grado di recuperare, anche attraverso anticipi del settore finanziario, ingenti risorse a livello locale (non altrimenti recuperabili attraverso la fiscalità ordinaria) da destinare direttamente al miglioramento della mobilità nell’area interessata dal provvedimento
- uno strumento in grado di restituire spazio e sostenibilità alle aree urbane
Il provvedimento di Londra è caratterizzato dalla centralità delle politica dettata dal Protocollo di Kyoto, e ha una ricaduta positiva su diversi indicatori locali.
Il provvedimento è caratterizzato da un’estrema semplicità amministrativa riassumibile in poche righe:
libera circolazione per le autovetture ad emissione di CO2 inferiore ai 120gCO2/km, £8 (12€) per emissioni comprese tra i 120 e i 225gCO2/km, la grande maggioranza di autoveicoli, £25 (35€) al giorno per emissioni superiori ai 225gCO2/km.
Allegato n. 2
Le autostrade e le strade a grande scorrimento
Previste dalle Regioni del Nord Italia
L’elenco di autostrade e strade di grande scorrimento riportato qui sotto è tratto dalla ricognizione sulle Infrastrutture Prioritarie regionali (progetti nuovi e in corso di realizzazione) effettuata dal Ministero delle Infrastrutture il 19 novembre 2006 e dai progetti in corso di definizione su iniziativa di alcune amministrazioni regionali.
Nell’elenco vengono riportati i progetti di maggior rilievo e non una serie di interventi minori, che riguardano il potenziamento e la riqualificazione di strade statali.
Emilia Romagna
Nuovi interventi
Passante autostradale di Bologna: variante di tracciato all’A14.
Collegamento autostradale Campogalliano-Sassuolo: bretella di collegamento tra A1, A22 e SS467
Bretella autostradale di Castelvetro piacentino: tra il casello di Castelvetro piacentino e la SS10 Padana inferiore
A14: realizzazione terza corsia tra Rimini Nord e Pedeso
Friuli Venezia Giulia
Nuovi interventi
Raccordo autostradale Villesse-Gorizia: prosecuzione A4 Venezia-Trieste
Completamento Corridoio 5: serie di interventi tra cui la Tangenziale Sud di Udine il collegamento tra SS 464 e Sequals
A4 Venezia-Trieste: ampliamento a tre corsie del tratto Quarto d’Altino-Villesse
Liguria
Nuovi interventi
Gronda autostradale di ponente: collegamento A10 con A7 e raccordo con Rapallo-Santa Margherita Ligure
SS1 Aurelia bis: tratte imperiesi, savonesi e spezzine
Lombardia
Nuovi interventi
Autostrada Pedemontana Lombarda: Dalmine, Como, Varese, Valico del Giaggiolo e opere varie connesse – tratto Vimercate-Malpensa, I lotto tangenziale di Varese e di Como
Autostrada Brescia-Bergano-Milano
Autostrada regionale Cremona-Mantova
Raccordo autostradale Valtrompia
Accessibilità valtellina
Tangenziale est esterna di Milano
Completamento Tangenziale Nord di Milano: tratto Rho-Monza e terza corsia Milano-Meda
Lombardia/Piemonte
Nuovi interventi
Autostrada Broni/Strabella-Pavia-Mortara: collegamento autostradale tra la A26 e la A21, con svincolo di raccordo all’A4
Lombardia/Emilia Romagna/Veneto
Nuovi interventi
Raccordo autostradale CISA: Fontevivo (PR) – Autostrada Brennero Nogarole Rocca (VR)
Piemonte
Nuovi interventi
Pedemontana piemontese: tratto Rolino-Masserano-Romagnano Sesia; tratto Biella – Autostrada A4 Torino-Milano; raccordo autostradale Strevi-Predosa
Autostrada A4: adeguamento tratto Novara-Milano
Raddoppio del tunnel autostradale del Frejus
Interventi in fase di realizzazione
Autostrada Asti-Cuneo
Piemonte/Liguria
Nuovi interventi
Bretella autostradale Albenga-Millesimo-Predosa
Valle d’Aosta
Seconda canna del traforo autostradale del tunnel del Monte Bianco
Veneto
Nuovi interventi
Autostrada Valdastico Nord: collegamento area vicentina con l’asse del Brennero
A4 Venezia-Trieste: ampliamento a tre corsie: tratto Quarto d’Altino-Villesse
Superstrada Pedemontana Veneta
Sistema di tangenziali venete di Verona, Vicenza e Padova parallele alla A4
Interventi in fase di realizzazione
Passante autostradale di Mestre
Completamento A28 Sacile: Conegliano, lotto 29
Veneto/Friuli Venezia Giulia
Collegamento autostradale A23 Udine-Carnia-Tarvisio e A27 Mestre-Belluno
Veneto/Emilia Romagna
Nuovi interventi
Romea autostradale (Orte-Mestre): potenziamento dell’E25 da Orte a Ravenna e nuovo collegamento da Ravenna a Venezia-Mestre
Allegato n. 3
La Legge regionale della Lombardia (LR 24/2006)
sulla prevenzione e la riduzioni delle emissioni in atmosfera
Al di là dei rilievi sulle competenze istituzionali nazionali e comunali (sui divieti di circolazione, i limiti al traffico e le sanzioni previste), sollevati dal Governo nazionale dinanzi alla Corte Costituzionale, che hanno un certo fondamento, la LR 24/2006 (meglio nota come Legge quadro antismog) presenta una serie di disposizioni e misure interessanti, che dimostrano la consapevolezza riguardo alla necessità di una politica integrata, sistematica e onnicomprensiva che voglia davvero perseguire l’obiettivo nei settori civile, industriale ed agricolo della prevenzione e riduzione delle emissioni in atmosfera.
La LR 24/2006 “Norme per la prevenzione e la riduzione delle emissioni in atmosfera a tutela della salute e dell’ambiente” contiene disposizioni e misure per:
- programmare su scala regionale interventi per il risanamento della qualità dell’aria
- integrare gli strumenti di monitoraggio e valutazione della qualità dell’aria
- promuovere accordi con le imprese e con gli enti locali per il rispetto del Protocollo di Kyoto
- favorire l’adozione di sistemi di gestione ambientale nel settore produttivo
- migliorare il rendimento energetico nell’edilizia
- incentivare l’utilizzo delle risorse geotermiche
- promuovere l’utilizzo delle biomasse in ambito civile
- disincentivare il traffico veicolare privato
- migliorare il servizio pubblico locale e la mobilità
- sviluppare la mobilità ciclistica e pedonale
- prevenire e ridurre le emissioni provenienti da attività agricole
- promuovere la produzione energetica agro-forestale
E’ proprio questa capacità di concepire e affrontare la complessità dl problema con politiche coordinate, che è forse l’elemento caratterizzante più positivo del provvedimento nel suo complesso.
Per quanto riguarda le singole misure, di un certo interesse sono: a) le iniziative congiunte tra Regione e Camere di Commercio per favorire l’adozione nel settore produttivo di sistemi di gestione ambientale e l’adozione di nuove tecnologie per il risparmio di energia e materia; b) l’incentivazione della risorse geotermiche a bassa entalpia e delle pompe di calore per il teleriscaldamento ed i teleaffrescamento degli edifici; c) l’integrazione del trasporto pubblico locale su gomma, con quello ferroviario e metropolitano; d) la promozione della mobilità ciclistica e pedonale attraverso la realizzazione di percorsi e zone protette; e) gli interventi di gestione sostenibile e incremento del patrimonio forestale al fine dell’assorbimento di carbonio atmosferico.
Suscitano invece delle perplessità le singole misure riguardanti: a) la mancata indicazione dell’obbligo di riconversione a metano per gli impianti termici civili alimentati con olio combustibile e carbone nei centri urbani metanizzati; b) l’istituzione dell’inventario regionale dei depositi di carbonio assorbiti e stoccati dagli ecosistemi forestali, che se male applicata può dare adito a interpretazioni distorte sulla compensazione della quote di emissione; c) la superficialità con cui viene affrontata e promossa la filiera delle fonti energetiche rinnovabili di origine agroforestale e agro-alimentare e di produzione dei biocombustibili.
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